Una satira di costume divertente e briosa che, anche se scritta nel 1902, conserva tutta la sua attualità nel descrivere un certo modo di fare politica. Vi si ritrovano presentate in maniera farsesca tutte quelle situazioni che leggiamo continuamente nei quotidiani, inserite nel contesto contadino e sempliciotto di un qualsiasi paesotto di campagna: soubrettine interessate e disponibili per cenette intime, portaborse assetati di danaro, stampa compiacente (il cronista che sostiene Largaspugna sembra preso dal vaudeville), lobbies di potere (quella di Largaspugna è arcaica e casalinga), voto di scambio (nel paese di Largaspugna, il voto si scambia ancora con innocente vino) e tutte quelle manovre che possono consentire l'elezione di un "mona" pieno di sé e con la mania di imparare a memoria vuote formule politiche tratte dai giornali. L'elezione di un nulla vestito a festa.
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