Considerata fin dalla prima rappresentazione un'opera tragica, negli intenti dichiarati dell'Autore avrebbe dovuto essere una commedia con elementi farseschi, e così abbiamo voluto leggerla e metterla in scena. In realtà , c'è molto di drammatico in ciascuno dei tre piani che si intersecano (lo snodo cruciale della storia russa, la catastrofe economica di una famiglia aristocratica, i conflitti interiori di ciascun personaggio) e tuttavia sono presenti molti aspetti farseschi nella coloritura di alcuni personaggi (l'instabilità emotiva di Liuba, i voli pindarici di Gaiev, l'inconcludente retorica dell'eterno studente Trofimov, la stralunata bonomia del possidente Pischik, gli incidenti del maldestro contabile Iepicodov, la solitudine ridanciana della povera Charlotta...). Inoltre compaiono fitti dialoghi, a dare l'illusione d'una comunicazione-comprensione reciproca che in effetti non c'è perché ognuno è preso dalla propria vicenda e la vive in modo diverso. I dialoghi apparenti, a ben vedere, diventano monologhi, quasi soliloqui e in tutti c'è un po' di Cechov, che ha vissuto quell'epoca e quel dramma. Anche noi ci riconosciamo in quegli uomini e in quelle donne che, prescindendo dal momento storico e dalla posizione geografica, vivono con emotività i drammi di sempre.
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