Le fantasie del leggendario cavaliere "Don Chisciotte de la Mancia" di Miguel de Cervantes prendono vita nell'originale restituzione di Franco Antolini "El Cavalier de la trista figura", alternando sul palcoscenico la narrazione allegra, spassosa, divertente delle gesta del protagonista e l'interpretazione del personaggio stesso che, esprimendosi in uno spagnolo maccheronico, è reso bizzarro, grottesco e di sicura efficacia comica. Il pubblico è nello stesso tempo spettatore e protagonista della vicenda e viene più volte direttamente coinvolto nell'azione scenica, sino ad assumere, nell'evolversi del racconto, ruolo di partecipazione attiva. Uno schermo bianco diventa il luogo dove si rappresentano le fantasie di don Chisciotte e nello stesso tempo, la trasparenza, ne restituisce il messaggio, il contenuto, quello che l'opera vuole dire alle persone del nostro tempo. Un avvicendarsi continuo tra la farsa e il dramma, tra il ridicolo e il tragico, tra la fantasia e la realtà, nel tentativo di parlare dell'esistenza umana, dei suoi comportamenti, dei suoi limiti, delle sue fragilità. Il racconto e l'interpretazione del cavaliere errante sono accompagnati dalle note della fisarmonica, suonata da un musicista che diventa anch'esso coprotagonista, assumendo i panni di "Sancio Panza", mentre due voci fuori campo ripropongono il dramma tra parole e canto, alternando giochi di luce, trasparenza e proiezione di immagini.
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